Círculo Sagrado. Sixe Paredes

2 giugno – 10 settembre 2020 – Galleria RocioSantaCruz

 

In art, nature continues to seek expression. Angela Molina

La mostra Círculo Sagrado – inaugurata il 2 giugno alla galleria RocioSantaCruz di Barcellona- riflette, allo stesso tempo, la trasformazione che ha avuto luogo nel linguaggio artistico dell’artista catalano Sixe Paredes e i diversi supporti che le sue opere adottano. Nonostante la carriera internazionale, Sixe Paredes non esponeva a Barcellona dal 2011. È stata una fortuna e una grande gioia aver incontrato lui e le sue opere in galleria.

La critica delle strutture degli Stati nazionali monoculturali e del capitalismo neoliberale, in gran parte guidata dai movimenti indigeni e da altre forze popolari, è una manifestazione di malcontento sociale e una sfida non solo agli effetti sociali, economici e ambientali del modello neoliberale, ma anche al sistema politico nel suo complesso. È chiaro che questo non funziona e un cambiamento di paradigma è urgente. Ora o mai più.” ha dichiarato l’ antropologa sociale e culturale Laura García-Borreguero Gomez, autrice dei testi del catalogo, che ha seguito e scritto del suo lavoro in numerose occasioni.Acutamente consapevole di questo gravissimo problema, che riguarda e colpisce tutti, e mosso da un obbligo etico come artista ad unirsi a un appello per la vita sulla Terra, Sixe Paredes ha creato le opere d’arte per la mostra che sarà aperta fino al 10 settembre.

Il suo lavoro è sempre stato intimamente legato alla natura e alle culture ancestrali e indigene che sostengono modi di vita rispettosi con gli esseri viventi, custodendo un equilibrio armonioso, mantenendo il cerchio sacro che è la Madre Terra, generatrice di tutte le forme di vita che esistono sul nostro pianeta.Per tracciare paralleli con la grandezza che questo problema dovrebbe occupare nella nostra mente, l’artista lavora con dipinti di grande formato, per sottolineare ed evidenziare questa idea. Inoltre, in un modo diverso dal suo lavoro precedente, usa una gamma monocromatica. Le sue opere, note da anni per una tavolozza di colori luminosa e varia, sono limitate nella mostra alle tonalità di verde e blu, che parlano dell’idrosfera e della biosfera, gli elementi danneggiati dall’inquinamento e dal cambio climatico. Nelle parole di Sixe: “Questi due colori, verde e blu, nella mia visione del mondo rappresentano: il cielo e la terra, la natura e l’universo, la consapevolezza e il rispetto”.Le opere in mostra sono state presentate per la prima volta alla fine del 2019, presso il CEART, Tomàs y Valiente Art Center di Fuenlabrada. Círculo Sagrado si articola secondo stili diversi, che vanno dalla più pura astrazione pittorica, alla quale strizza l’occhio con colpi sfocati e liquidi, alle sue origini come street artist. Allo stesso tempo dialoga con altri linguaggi in cui la forma è fatta e disfatta, accompagnando le tele con pezzi realizzati con vari materiali: lane e corde, perline e barre di legno dipinto. E arriva fino alla trasmutazione nell’uso degli stessi elementi simbolici, che esplora con altri supporti artistici come la video arte o l’uso di tessuti realizzati da lui a mano, secondo antiche tradizioni di origine mesoamericana, frutto della sua esperienza artistica in Perù.Qui si evidenzia una sovrapposizione di elementi con una soluzione di continuità che potremmo chiamare Expanded Painting. Come sottolinea Sixe: “Oggi, nel mondo in cui viviamo, anneghiamo in immagini predigerite che non invitano affatto a riflettere. Al contrario, ci lasciano mentalmente intorpiditi, ci portano a smettere di pensare e ci fanno dimenticare di usare la nostra immaginazione innata, la nostra mente creativa“.
Sixe, nei pezzi selezionati per questa mostra – conclude Laura García-Borreguero – ci invita a riflettere, a pensare in modo creativo e non pedissequamente, riscoprendo la nostra coscienza più ancestrale, ora assopita ma incisa profondamente dentro di noi. Perché in un mondo che applaude l’individualismo, l’artista ci ricorda ciò che ci unisce e ci connette, ciò che tutti condividiamo e abbiamo in comune“.

Sixe Paredes

Sixe Paredes, nato a Badalona nel 1975, dalla fine degli anni ’80 ha sviluppato la sua pratica artistica attraverso la street painting sui muri di Barcellona. È dal decennio successivo che ha iniziato il suo lavoro in studio, creando i suoi personaggi su tela e attraverso la scultura. Le sue prime tele risalgono al 1998. Questa transizione dall’esterno allo spazio espositivo ha riscosso un grande successo pur mantenendosi viva anche l’attività nelle strade e in esterno.

Laura García-Borreguero dice di lui “Sixe Paredes è un artista autodidatta che ha imparato con i propri mezzi, indagini e pratiche nel corso di una carriera che abbraccia oltre venticinque anni. Sixe genera, da un figurativo molto personale, un intero bestiario tra l’animale e l’umanoide, raggiungendo l’abstract figurativo e sviluppando un intero linguaggio di elementi e simboli, molti dei quali lo hanno accompagnato e sono stati trasmutati nel tempo”.

Nel 2008 è stato uno dei sei artisti invitati dalla Tate Modern di Londra a dipingere per la prima volta la sua facciata principale. Da allora si sono susseguite mostre in tutto il mondo, a Parigi, Bruxelles, Londra, Pekin, Messico, Stati Uniti, Madrid e Montreal.

Dal 2009, Sixe ha trascorso lunghi periodi di tempo in Perù per approfondire la sua conoscenza dell’arte e della cultura peruviane e andine. Ha raggiunto questo obiettivo collaborando con comunità creative del territorio, imparando le tradizioni e le tecniche locali di ceramisti, artigiani tessili, designer chicha e musicisti.

Nel 2014, è tornato a Londra per una residenza seguita da una mostra presso il Somerset House Arts Center. Rafael Schacter, curatore della mostra Street Art at Tate Modern, ha scritto della sua mostra Futurismo Ancestral: “E’ un’offerta all’estetica peruviana e andina. Il paese sudamericano è un posto dove Sixe si sente a casa, a proprio agio con il suo “ritmo vitale, con la sua semplicità”. È un luogo che apre il suo “cuore e gli occhi a nuove dimensioni interiori”. È anche un luogo dove poteva “dipingere in molti luoghi senza problemi” ricordando come la sua amata Barcellona fosse alla fine degli anni ’80.