… Il bolidismo è come una pentola di acqua bollente, dove le lingue si muovono velocemente con l’accelerazione che fa circolare le informazioni, accettando i tempi della tecnologia e della moda. È l’espressione di un nuovo concetto di velocità, non più quello meccanico, ma elettronico (…) Nei progetti Bolidisti l’oggetto nasce con un processo unitario di sintassi e semantica“.

Cristina Morozzi

(Dizionario del design italiano curato da Anty Pansera, Cantini Editore, Milano 1995)

ERASTUDIO DESIGN GALLERY porta a DESIGN MIAMI/ – a Miami Beach dal 4 all’8 dicembre 2019 – il tavolo da biliardo disegnato da Remo Buti nel 1986 (m 3.10 x 1.65 x 0.80).

Il Movimento Bolidista è stato fondato nel 1986 da sedici architetti diplomati alla Facoltà di Architettura di Firenze, tutti ex alunni del Prof. Remo Buti (già co-fondatore negli anni settanta del gruppo di architettura radicale “Global Tools”), anche se alcuni progetti erano già stati realizzati negli anni precedenti, fin dal 1983, e erano stati organizzati eventi che esprimevano una sensibilità comune tra i vari designer come Remo Buti, Stefano Giovannoni, Guido Venturini, Angelo Caramia, Massimo Iosa Ghini, Daniele Cariani, Maurizio Castelvetro, Massimo Mariani, Ernesto Spicciolato.

Alla base del “pensiero bolidista” ci sono i concetti di comunicazione, movimento, leggerezza, molteplicità, divenire, azione. Nel design, ciò porta a una predilezione simbolica iniziale per forme dinamiche intese non solo come “modellate dal vento” ma anche come forme organiche, restituendo agli oggetti personalità e unicità tipiche delle forme viventi, industrializzabili grazie all’evoluzione della tecnologia.

Elementi significativi nel progetto bolidista sono anche l’elemento “mediterraneo”, la “cultura degli estremi” (purismo e iper-decorativismo) e il concetto di gioco. Tutto è comunque legato ai nuovi bisogni formali e spirituali di un modello rivoluzionario di società dominato dalla presenza di mezzi telematici – la “città fluida” – di cui il gruppo si propone come un’avanguardia postmoderna, testimone della fase finale “meccanica” della civiltà delle macchine, in transizione verso la fase “elettronica”, caratterizzata da simultaneità comunicativa e simbolica.