TSS: Sul tuo sito, a proposito di cibo, citi la frase di Inga Knölke: “A food designer is somebody working with food, with no idea of cooking”. In questi vent’anni hai imparato a cucinare o il cibo è sempre e solo ambito di sperimentazione?

M.G.: pianificare oggetti commestibili partendo da un progetto di design. La cucina è qualcosa di manuale e tradizionale, che ha intrinseco il concetto di artigianato per questo dal mio punto di vista, dato che non ne segue i parametri e le regole, non si può definire design.

Non cucino, non so cucinare e non ho intenzione di imparare, penso che qualcuno che cucina non possa essere un designer perché il contatto con la materia prima dissolve l’essenza olistica del progetto, lo rende più vitale e quindi banale. Il cibo ha come unico scopo quello di soddisfare i sensi, ma non si complica, non incorpora parametri ergonomici. Ne è la dimostrazione il fatto che abbia sempre bisogno di un piatto e posate per essere consumato, non ha elementi politici e impone il gusto al di sopra sopra della salute. Il progetto di design se è ben pensato deve racchiude tutta una serie di parametri per rendere un prodotto, in base alle esigenze, contemporaneo e adatto al mondo in cui viviamo e deve quindi tener conto di molti fattori importanti quali quelli economici, sociali, politici e rituali e dovrebbe confluire in un oggetto commestibile destinato, progettato, ritualizzato e consumato come oggetto”.

TSS: Sempre sul tuo sito, leggiamo: 20 anni fa, presso la Galeria H2O di Barcellona, ​​è stata presentata SPAMT (És Pà amb Tomàquet), la riprogettazione del tradizionale pane catalano con pomodoro. Questo evento, avvenuto proprio nel febbraio 1997, potrebbe essere considerato l’inizio del Food Design. Nel corso di questi ultimi 20 anni il Food Design si è evoluto fino a convertirsi in una specie di movimento. Da allora come è evoluto il Food Design?

M.G.: Nel febbraio del 1997, ho presentato SPAMT, è stato il risultato della volontà di intendere e di pensare il design in modo diverso. Un design che non solo si occupasse  dell’aspetto formae ed estetico, ma che cercasse di cambiare le abitudini e la vita quotidiana, iniziando dal metterla in discussione. Questa vita di tutti i giorni era ed è ancora scandita principalmente dal cibo, dal cibo in sé, ma anche dagli orari, i rituali di preparazione e dal suo consumo. 

Lo Spamt è il re-design del pane e pomodoro tradizionale, ma dal formato più ergonomico, che ha reso possibile il suo utilizzo `di fronte al computer. Mangiare davanti a uno schermo, durante il gioco o di lavoro (nel 1997 non c’erano i social network) era un nuovo atteggiamento scaturito dalla divulgazione dei personal computer. Lo SPAMT, a differenza del pane e pomodoro tradizionale, non faceva briciole ed era facile da maneggiare e  da mangiare, senza che si dovesse smettere di giocare. La tradizione non era al passo con il nuovo stile di vita e il design poteva adeguare la quotidianità ai cambiamenti imposti dalle nuove tecnologie. Nonostante il mondo continui a cambiare sempre più velocemente, il cibo non lo fa a meno che non sia per mano del food design”.

TSS: Cosa nascondi dietro al tuo definirti ex-designer?

M.G.: Ex-designer per il fatto che il mio lavoro ha generato confusione fin dall’inizio, per molti si trattava di lavoro artistico, ma non era così. Fu così che, per definire quello che ero, ho creato questo termine; ex-designer. Il termine implica che nonostante per il mio background sono un designer,  il mio approccio verso il design non avviene in modo convenzionale. Essere un ex-designer vuol dire non essere soggetti ai confini o alle barriere della disciplina, vuol dire poter lavorare e sviluppare il proprio lavoro come designer ma farlo in un modo più informale, arrivando quindi ad un risultato quasi sempre inaspettato ma al contempo molto efficace”.