Design for the Real World (1971), il lavoro chiave di Victor J. Papanek, rimane il libro più letto sul design mai pubblicato. In esso, il designer, autore e attivista Victor J. Papanek (1923–1998) lancia un appello a inclusione, giustizia sociale e sostenibilità, temi di una rilevanza più grande che mai per il design di oggi.

Per tutti gli amanti del design fino al 2 febbraio 2020, il Barcelona Design Museum presenta la prima grande retrospettiva incentrata su uno dei pionieri più influenti del ventesimo secolo di un approccio alla progettazione orientato, a partire dagli anni ’60, socialmente e ecologicamente.

Ritratto senza data dell’architetto, scrittore e inventore Richard Buckminster Fuller

La mostra “Víctor Papanek: The Politics of Design” comprende reperti di alto valore come disegni, oggetti, film, manoscritti e stampe, alcune delle quali vengono presentate per la prima volta. A questi si aggiungono le opere dei contemporanei di Papanek dagli anni ’60 agli anni ’80, tra cui George Nelson, Richard Buckminster Fuller, Marshall McLuhan e l’iniziativa di radical design “Global Tools”. Opere contemporanee provenienti dalle aree del critical e social design forniscono informazioni sull’impatto duraturo di Papanek.Di fronte alla persecuzione nazista in Austria, Papanek fuggì negli Stati Uniti nel 1939. Dopo aver intrapreso la carriera di designer industriale, negli anni ’60 sviluppò una critica al consumismo che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo. Questa posizione si riflette anche nei suoi progetti, che ha spesso sviluppato insieme ai suoi studenti o collaboratori, tra cui televisori e radio per i paesi africani, veicoli elettrici, nonché il “Fingermajig”, un oggetto progettato per stimolare il senso del tatto (1965 –1970) e la serie “Living Cubes” (1973), mobili assemblati dall’utente che potrebbero essere modificati per soddisfare esigenze diverse.

Il vero impatto di Papanek, tuttavia, si trova nel suo lavoro di autore e arbitro di una nuova e critica comprensione del design. Ha tenuto conferenze nelle università di tutto il mondo, ispirando generazioni di studenti e promosso instancabilmente un più ampio dibattito sociale sul design. Ad esempio, a partire dal 1961 ha moderato una serie televisiva sul design trasmessa negli Stati Uniti.

Accanto al suo “Design for the Real World”, che è stato tradotto in oltre venti lingue, altri libri come “How Things Don’t Work” (1977) o “Design for Human Scale” (1983) hanno consolidato la sua reputazione di pioniere di un design alternativo. In essi ha usato un linguaggio affilato e l’umorismo per criticare la cieca convinzione nel consumismo e adattare le idee della generazione del ‘68 per affrontare le questioni pratiche della vita quotidiana di un gran numero di persone.La mostra è organizzata in quattro sezioni che offrono uno sguardo approfondito alla vita e al lavoro di Papanek. Inizia con un’installazione multimediale di grande formato che presenta le idee del designer in un contesto contemporaneo e segue una panoramica biografica che ripercorre la vita di Papanek dalla sua fuga dall’Europa al suo successo internazionale. Per la prima volta, gli organizzatori hanno potuto attingere a materiali posseduti dalla Papanek Foundation all’Università di Arti Applicate di Vienna, tra cui una serie di documenti che non sono mai stati esposti come quaderni, lettere, mobili, pezzi della collezione di oggetti etnologici di Papanek, oltre alle migliaia di diapositive utilizzate dal designer per le sue lezioni. Altre due sezioni si concentrano, invece, sui temi principali del lavoro di Papanek, tra cui le sue critiche fondamentali al consumismo e il suo impegno con le minoranze sociali, per le esigenze di quello che allora era conosciuto come Terzo Mondo, ecologia, sostenibilità e cultura del “fare” – la creazione e la produzione attraverso le proprie risorse – che ha avuto origine nel movimento fai-da-te degli anni ’60. I visitatori possono anche vedere una vasta gamma di disegni di Papanek, di suoi studenti e di altri collaboratori, compresi quelli della designer danese Susanne Koefoed, che come studente di Papanek ha sviluppato il primo simbolo internazionale di accesso nel 1968.La mostra è integrata da una ventina di opere contemporanee accuratamente selezionate che trasportano le idee di Papanek nel ventunesimo secolo di designer tra cui Catherine Sarah Young, Forensic Architecture, Jim Chuchu, Tomás Saraceno, Gabriel Ann Maher, il collettivo brasiliano Flui Coletivo e Questto I No. Anche loro affrontano temi complessi come i cambiamenti climatici globali, le fluide identità di genere, il comportamento dei consumatori o le realtà economiche della migrazione, nel senso che riflettono la continua risonanza delle domande che Papanek stava già affrontando negli anni ’60. Allo stesso tempo, arrivano dal mondo bianco, occidentale e dominato dagli uomini a cui Papanek era legato nonostante tutti i suoi sforzi contrari.“Victor Papanek: The Politics of Design” è quindi sia una retrospettiva che una mostra a tema. Concentrandoci su Papanek come persona, possiamo comprendere meglio un tema più ampio, vale a dire il significato del design come strumento politico. Dopotutto, ciò che è stato rivoluzionario per i tempi di Papanek è ora generalmente accettato: il design non è solo dare forma a qualcosa, è uno strumento di trasformazione politica che deve considerare i punti di vista sociali ed etici. Questo si riflette nel fatto che i dibattiti di oggi su temi come il design sociale e il pensiero progettuale attingono naturalmente alle idee di Papanek. La mostra cerca di far riscoprire Papanek come pioniere del ventunesimo secolo e come uno dei più grandi pensatori del design. Allo stesso tempo esamina come il design socialmente impegnato di Papanek stia cambiando il nostro mondo oggi, oltre a come possa rendere il mondo migliore.La mostra è una collaborazione tra il Vitra Design Museum e il Barcelona Design Museum, insieme alla Victor J. Papanek Foundation, nella University of Applied Arts di Vienna, ed è finanziata dalla German Federal Cultural Foundation.