La storia della vita di Selah Lively ci appare distante dal nostro quotidiano, magari perché non siamo di bassa statura o perché non siamo dei garzoni, eppure ognuno di noi almeno una volta ha sognato di essere giudice per riscattarsi, anche solo socialmente, di un torto subito. Un desiderio di vendetta che ci porta a compiere giustizie private appropriandoci di un diritto di critica che non ci compete, per il sogno di sentirsi potenti e sicuri. Piccole vendette private si consumano ogni giorno intorno a noi, alcune delle quali ne facciamo parte in prima persona, in altre siamo semplici spettatori indifferenti di ciò che accade. Il luogo in cui si consumano maggiormente è proprio il non luogo per eccellenza, la rete. Presi dai social network che sono divenuti oramai parte integrante della nostra vita, assistiamo quotidianamente a litigi che si diffondono a macchia d’olio in pochi secondi tramite commenti o stati. Critichiamo, giudichiamo senza alcuna riserva, forti e protetti del fatto di avere uno schermo tra noi e la nostra vittima. Ciò che determina il confine tra cyberbulli e vittime è una linea così sottile che può variare nel giro di pochi istanti. Nella rete siamo tutti critici, filosofi e poeti, nella realtà invece spesso non siamo in grado di contestare la parola altrui, possediamo doppie personalità che inevitabilmente finiranno con il distruggerci.

Il Giudice Selah Lively

Immagina di essere alto un metro e cinquantotto.

e di avere iniziato a lavorare come

garzone in una drogheria

studiando legge a lume di candela

finchè non sei diventato avvocato.

E poi immagina che, grazie alla tua diligenza

e alla frequentazione regolare della chiesa,

tu sia diventato il legale di Thomas Rhodes,

che collezionava cambiali e ipoteche,

e rappresentava tutte le vedove

davanti alla Corte. E che in tutto questo

ti canzonassero per la tua statura e ridessero dei tuoi

vestiti e dei tuoi stivali lucidi. E poi immagina

di essere diventato Giudice di Contea.

E che Jefferson Howard e Kinsey Keene,

e Harmon Whitney, e tutti i giganti

che ti avevano schernito, fossero obbligati a stare

in piedi davanti al banco e a dire “Vostro Onore” –

Beh, non pensi che sarebbe naturale

che io rendessi loro la vita difficile?