Alla Milano Design Week 2022 Saint-Louis ha presentato Cadence, una nuova collezione contemporanea nata in collaborazione con il designer francese Pierre Charpin.

Dagli articoli per la tavola e il bar, all’illuminazione e decorazione, gli oggetti della nuova collezione Cadence, creata da Saint-Louis in collaborazione con il designer francese Pierre Charpin, sono pensati per un uso quotidiano. Basati sull’interazione di linee orizzontali e verticali, i disegni di Pierre Charpin ritmano il cristallo, evidenziandone la luce e la trasparenza. Una visione decisamente moderna di questa materia: una collezione di oggetti accessibili in sintonia con i nostri tempi.

Cadence scenography | Chiostro di Santa Maria del Carmine, Brera ©Pierre Charpin

Saint-Louis ha presentato Cadence in una scenografia immersiva progettata da Charpin stesso e installata al Chiostro di Santa Maria del Carmine, durante la Milano Design Week 2022. Una mostra d’arte contemporanea, dove volumi sorprendenti incontravano linee colorate disegnate a mano libera, il cristallo e giochi di luce, nel cuore di Brera.

Cadence scenography | Chiostro di Santa Maria del Carmine, Brera ©Pierre Charpin

Cadence è un tributo al virtuosismo agli artigiani di Saint-Louis è sottolinea le sue tradizionali competenze iconiche.

Saint-Louis, lampes à poser, suspensions Cadence, photo Maxime Tétard

Dopo la reinterpretazione dell’emblematico «veilleur de nuit» (caraffa da notte con bicchiere – 2010) di Saint-Louis e la creazione della collezione Intervalle (2011), Pierre Charpin e Saint-Louis si ritrovano attorno a Cadence, una collezione di ventinove pezzi, tutti di cristallo chiaro e ritmati dall’incontro di linee orizzontali e verticali, cherendono omaggio alla virtuosità degli artigiani e al savoir-faire emblematico della manifattura.

I paralumi di carta sono stati progettati su misura per la collezione assieme a due aziende artigianali in possesso dell’etichetta ufficiale francese “Entreprise du patrimoine vivant”. La carta è prodotta in Francia da un’azienda quadricentenaria. La sua specifica composizione rende le linee orizzontali traslucide quando la luce è accesa. La marcatura di queste linee è eseguita in modo tradizionale a caldo con ferro da doratura. La carta viene poi montata a mano sulla struttura del paralume nella seconda azienda.

Everything comes from drawing – Pierre Charpin about Cadence ©Jonathan Mauloubier

Il tracciamento delle linee è una interpretazione gestuale del vocabolario degli artigiani di Saint-Louis che si ripete e si trasmette di generazione in generazione: un balletto di gesti tecnici tra chi leva il grumo di vetro fuso dalla bocca del forno, chi soffia nella canna e chi dirige l’operazione; poi, dall’atelier «del caldo» il cristallo passa nelle mani esperte degli intagliatori, nell’atelier «del freddo» ; il gesto ripetuto dell’artigiano scava delle linee regolari nel cristallo che giocheranno con la luce evidenziando la perfetta purezza della materia lavorata dall’uomo.

Saint-Louis, Cadence by Pierre Charpin, photo Jonathan Mauloubier

Con un gioco di linee orizzontali e verticali, Pierre Charpin crea un linguaggio universale. Le linee scandiscono la materia degli oggetti in modo regolare e sistematico, ma suggeriscono anche la funzione e l’uso di ogni oggetto: le linee orizzontali sottolineano i liquidi nei bicchieri; le linee verticali suggeriscono l’elevazione sui supporti delle luci. Per questo vocabolario di linee e forme semplici, Pierre Charpin ha evocato molteplici influenze, dalla Secessione viennese al movimento di Memphis. Ognuna di queste correnti artistiche si libera dalla pesantezza borghese e ostentata del passato per concentrarsi sull’essenziale.

Everything comes from drawing – Pierre Charpin about Cadence ©Jonathan Mauloubier

La precisione del tratto dà vita a oggetti accessibili e adattati al loro contesto. Sono presenti, disponibili e discreti. Queste forme pure sono state progettate per l’uso quotidiano. Il gambo corto dei calici rivendica un uso radicalmente moderno del cristallo, senza manierismi e senza una vocazione ostentata.

Saint-Louis, vases Cadence, photo Maxime Tétard

The designer’s point of view

“Quando si va alla manifattura di Saint-Louis, dopo aver preso il treno ad alta velocità verso quella che oggi si chiama la regione del Grand-Est, e poi l’automobile che attraversa per un’ora circa un paesaggio collinare e agricolo non lontano dal confine tedesco, e infine si scende verso il villaggio di Saint-Louis-lès-Bitche, si capisce dall’alto che il villaggio è sorto intorno alla manifattura, che la manifattura ne è l’origine. Entrando, quel che colpisce è questo ingresso in un mondo binario, fatto di due entità distinte, anche opposte, ma inseparabilmente complementari. Un binarismo che sembra definire, anche al di là del cristallo stesso, l’essenza della manifattura e ciò che ne deriva come produzione. I laboratori sono costituiti da due poli contigui, quello del caldo e quello del freddo. Ad ognuno dei poli la sua temperatura, il suo livello sonoro, i suoi odori, la sua luce, i suoi ritmi, i suoi spazi, i suoi colori, i suoi strumenti, le sue parole, i suoi gesti, il suo abbigliamento. Quando è caldo, il cristallo è informe fino a quando non viene lavorato. Si tratta di una specie di pasta viscosa incandescente che nel forno attende di essere raccolta per prendere, soffiandola a mano libera o utilizzando degli stampi, una forma che qui si solidificherà delineando i contorni di un bicchiere, un calice, una tazza, una caraffa, una bottiglia, un vaso… Freddo, è tutto il contrario. Il cristallo esiste come una forma ben definita. Questa forma viene rilavorata, scolpita utilizzando mole di diverse forme e diametri. È la fase finale della lucidatura che dona al cristallo tutta la sua lucentezza e la sua limpida e fredda trasparenza. È solo a questo punto che la forma porta con sé tutte le qualità di un oggetto di cristallo Saint-Louis. Non è stato senza una certa sorpresa mista a soddisfazione che ho ricevuto, otto anni dopo una prima incursione nel mondo della cristalleria Saint-Louis attraverso il progetto Intervalle, la proposta di disegnare una vasta gamma di oggetti che spaziano dai calici alle lampade. Una collezione “trasversale” secondo i termini usati durante i primi scambi, quando mi è stato esposto il quadro generale del progetto. Una collezione ambiziosa per il numero di oggetti da disegnare e per il posizionamento estetico all’interno del catalogo esistente. Prima di entrare nei dettagli specifici del design di ogni oggetto è proprio la nozione di collezione che doveva essere discussa. Dopo gli inevitabili e molteplici tentativi insiti nell’avvio di ogni nuovo progetto, sarà l’incontro di linee verticali e orizzontali a costituire il segno distintivo, “l’agente” unificante di tutti gli oggetti di questa collezione che poi ha preso il nome di Cadence. Un’idea semplice che, messa alla prova del disegno, troverà conferma e si imporrà come principio plastico, perché queste linee pensate fin dall’inizio per essere interpretate dal taglio, fanno parte della geometria specifica di ogni oggetto della collezione, ne sottolineano la forma, qualunque sia la sua dimensione. Le linee verticali si collocano nella parte inferiore degli oggetti, gambe e basi, ne innalzano la forma. Le linee orizzontali si iscrivono nella parte superiore dell’oggetto, il contenitore. L’incontro delle linee verticali e orizzontali segna il punto di congiunzione tra la base e la parte superiore dell’oggetto e, se vogliamo per gioco cercare un’allegoria, è il punto d’incontro tra l’atelier del caldo e l’atelier del freddo. Fu subito chiaro che tutti questi oggetti dovevano essere progettati con la massima semplicità per offrire forme leggibili, tendere verso l’archetipo. E questo desiderio di semplicità e leggibilità delle forme rispondeva all’intenzione iniziale di offrire oggetti più accessibili all’uso, meno connotati, una sorta di desacralizzazione, di “aggiornamento” dell’oggetto di cristallo. È in questo senso, ad esempio, che lo stelo dei bicchieri è stato abbassato per renderli oggetti indubbiamente meno slanciati, meno solenni, e indiscutibilmente più facili da usare. Allo stesso modo, la semplicità del taglio, chiara espressione di linee, lo fa percepire come disegno piuttosto che come ornamento o decorazione, anche se il taglio rimane per essenza una decorazione. Durante la prima visita alla manifattura, che ha segnato il vero momento di ingresso in questo nuovo progetto, era impensabile sottrarsi al “rito della soffitta”. Un passaggio imprescindibile per chi inizia una collaborazione con la cristalleria. Un luogo che si trova nella soffitta di un’ala lontana dai laboratori di produzione, un luogo rimasto senza una scenografia, ancor meno musealizzato. Un luogo non accessibile al pubblico, leggermente polveroso e dalla luce fioca, arredato con grandi tavoli che scompaiono sotto l’enorme quantità di oggetti di cristallo lì disposti. È un archivio colmo ed eterogeneo, grezzo, un viaggio nel tempo che fa capire la profondità della storia della cristalleria (era una cristalleria reale ai suoi tempi). Ciò che colpisce e un po’ confonde, ciò che emerge da questo peregrinare in mezzo a questa moltitudine composita, è la vastissima varietà di forme, stili (talvolta presi in prestito), tecniche (alcune delle quali dimenticate), ma anche colori, decorazioni, al punto che è difficile, uscendo da questo luogo, avere un’idea precisa di quale fosse la specificità della produzione della manifattura, anche se la ricorrenza della tecnica del taglio è indiscutibile. Capiamo allora che nel tempo la produzione di Saint-Louis è diventata via via più specializzata, nelle tecniche che ha adottato, ma anche codificata in un rapporto forma/dimensione e che è proprio questa codificazione che determina oggi l’immagine che abbiamo delle creazioni della cristalleria Saint-Louis, o piuttosto l’immagine che me ne ero fatto io prima di iniziare a progettare. È senza dubbio ciò che ho voluto tradurre nel disegnare questa collezione, per affermare questa immagine cercando di farla entrare in risonanza con il presente piuttosto che cercare di spostarla figurativamente. A pensarci bene, non ho mai pensato al design di questi oggetti in termini di colore, probabilmente perché non ne vedevo il senso, poiché la qualità del cristallo chiaro è più che sufficiente da sola. Ma anche, forse inconsciamente, per affermare che questa volta non ero a Murano, che ero davvero a Saint-Louis, ed è proprio questo che più di tutto cercavo di esprimere”.

Pierre Charpin, June 2022

Portrait Pierre Charpin, photo JP Mesguen

A proposito di Saint-Louis

Il cristallo secondo Saint-Louis è una materia incomparabile, densa, limpida, sonora e luminosa che, nascendo da una palla di fuoco e dal soffio degli uomini, vibra di tutto il talento ereditato dalla storia e dell’incredibile fantasia creativa di una realtà che è sempre in sintonia con i trend del momento. Nel 1767, Luigi XV autorizzò la costruzione di una nuova vetreria al posto dell’antica vetreria di Münzthal del XVI secolo. Successivamente il re gli assegna il titolo di “Vetreria Reale di Saint- Louis”. Quindici anni più̀ tardi, con lo sviluppo della formula per ottenere il cristallo, la Manifattura divenne Cristallerie Saint-Louis. Da allora, Saint-Louis firma ogni giorno oggetti di cristallo – luci, servizi da tavola, oggetti decorativi e complementi d’arredo – realizzati da maestri vetrai e maestri intagliatori. Artigiani dalle competenze insostituibili e ancestrali, trasmesse di generazione in generazione: il cristallo è soffiato, tagliato, inciso e decorato a mano in oro a 24 carati o platino. Con una tavolozza di oltre 10 colori, utilizzabili singolarmente o doublé (due strati di diverso colore colati uno sull’altro), e una moltitudine di tipi di taglio tra cui l’emblematico taglio a diamante, la Manifattura offre una grande varietà̀ di stili e creazioni straordinarie. Saint-Louis è una manifattura sempre in armonia con il suo tempo, un mix di tradizione e innovazione, che non ha mai smesso di trarre ispirazione dalle tendenze artistiche contemporanee per costruire e rinnovare la propria identità̀. In questa corrente di creatività̀ che ha caratterizzato l’inizio del XX secolo con l’Art Nouveau e l’Art Déco, numerosi designer hanno prestato il loro talento a Saint-Louis. Artisti quali Paul Nicolas, Jean Sala, Jean Luce, Michel Colle e Maurice Dufrêne, solo per citarne alcuni. Oggi Saint-Louis continua a fare appello all’immaginazione e al talento di designer che introducono nuovi usi nell’universo del cristallo. Le collezioni da tavola, di oggetti decorativi e di luci si sono arricchite con le creazioni di Éric Gizard, Hervé van der Straeten, Ionna Vautrin, José Lévy, Kiki van Eijk, Noé Duchaufour-Lawrance, Paola Navone… Si tratta di oggetti la cui bellezza accompagna e accresce i momenti di piacere e di condivisione.

Saint-Louis, carafe verres Cadence, photo Maxime Tétard