Si è appena conclusa la prima edizione torinese della Oriental Design Week. Siamo abituati a vederla a Milano, durante il Salone del Mobile, con Fuorisalone Sarpi Bridge, ma quest’anno si è voluto consolidare il ponte tra Est e Ovest anche in casa, cioè creandone uno nuovo tra Milano e Torino, nell’ambito del design ovviamente. Lo scopo è quello di una visione globale nel panorama della progettazione, in un’ottica di interdipendenza e soprattutto di scambio, economico e d’ispirazione. La creatività è un linguaggio universale, e a Torino si è potuta apprezzare quella della Cina, della Corea e dell’India ma anche di realtà “a metà” del ponte, come quella iraniana, coinvolgendo i giovani designer, nel progetto DESIGNato, dedicato a coloro che hanno scelto di fare del design la loro professione, e nomi già affermati come Sakura Adachi, John Bennet e Brian Sironi. Si è delineata così una Design Week dove alle esposizioni si sono alternati workshop, istallazioni e performance, facendo della multiculturalità una forza ed evidenziando alcune interessanti tendenze: da una parte il design orientale riesce a fondere una funzionalità locale con un’estetica occidentale, come nei sofisticati paraventi di MicroMacro; dall’altra lo sguardo dei designer a Est dell’Europa mostra come un concreto impegno politico o uno sguardo alla società possa trasformarsi in ispirazione per opere al confine con l’arte contemporanea: ne sono un esempio i tappeti di Barcode, dedicati all’artista Zhang Rui e ai suoi dipinti di denuncia al consumismo sfrenato e globalizzato.

6