Alessandro Turci riflette su creatività, business e futuro della moda Il futuro acquista senso se conosciamo il passato. Legati ancora alle certezze di ciò che a posteriori (e solo a posteriori) appare logico, tendiamo a mitizzare spesso periodi travagliati da tragedie assurde, epurando fatti e tecniche dal contesto terribile in cui si sono sviluppati. Facile dunque comprendere quanto più il riferimento sia alto, tanto più la scarsezza di logica e cultura si mostri per alcuni aspetti e circostanze, in tutta la sua povertà disarmante. Soprattutto nella Moda, quando la citazione non sia progresso creativo, ma resti saldamente ancorata da un lato allo stilema di riferimento e dall’altro all’inevitabile autocelebrazione. Quella che tutti chiamano reinterpretazione non si sviluppa in nuove avanguardie, ma cieca all’avvenire, basta solo a sè stessa. Non è sufficiente, dunque, la rivalutazione di elaborazioni eccellenti di mani esperte nel ricamo o nel taglio, nemmeno l’associazione tra tradizionale e tecnologico quando non esiste visione, o quando questa sia sterile elucubrazione cervellotica. Valentino Resta ancora irrisolto il rapporto corpo/abito, tanto che il richiamo che da sempre imprigiona il creativo, deformare, sovvertire, modificare, stia sempre più acquisendo caratteristiche comuni ed accettate, maniche lunghissime, imbottiture, nelle t-shirt come nelle gonne (a panier seicenteschi), crinoline dal sapore asburgico (ricordiamo che quello fu il periodo storico in cui si svilupparono con la maggior ampiezza), bustier deformanti, maschere e gorgiere. Maison Schiaparelli L’abilità indubbia da couturier di Daniel Roseberry AD di Maison Schiaparelli, suggerisce un remix contemporaneo di elementi presi dal classico, con drappeggi e volant, resi ancora più attuali dai materiali e dalla combinazione tra bustier rigidissimi a curvare sino all’inverosimile le linee del corpo. Maison Schiaparelli Una memoria di quel che fecero già a suo tempo Hussein Chalayan, Alexander Mc Queen e John Galliano (da Christian Dior Couture). Maison Schiaparelli Al di là del tentativo oltre che antropologico anche sartoriale di dare un senso a ciò che pare inconciliabile, vestibilità e comprensibilità, come possiamo non renderci conto del grottesco che ne risulta? Ma se ogni periodo di privazione e sofferenza si vuole riscattare con gioia e libertà, opulenza e benessere, a cosa invece vogliamo rivolgerci oggi? Osservare i codici della Maison e reinterpretare gli archivi sembra un’ottima partenza ma di certo non dev’essere l’obiettivo di chi voglia «costruire» un nuovo percorso. Le collezioni mostrano una persistente attitude nostalgica che nulla ha a che vedere con la percezione di uno spiraglio alternativo di novità, anzi appaiono virtuosismi manieristici, ammantati da tortuosi ragionamenti solitari. E allora a chi giova tutto questo gran generare racconti che non riesce più a sopperire alla mancanza di idee? Già dalla sfida di alcuni stilisti di voler porre ordine al caos con linee certe e chiare, si collega il desiderio di maggior semplicità e riconoscibilità. Una lista, come cita Alessandro Michele da Valentino Couture, riferendosi ad Umberto Eco, che classifichi e dia il giusto posto ad ogni cosa. Tuttavia, l’esercizio Vertigineux appare disordinato nella sua complessità e distante dalla sobria eleganza del suo fondatore. Diventa così inevitabile il confronto con il precedente lavoro da Gucci, poiché uguale è il modo di ragionare e dunque a specchio si ribaltano i piani sebbene con capi diversi. Valentino Ormai siamo abituati sia alle copiature (ops pardon, ispirazioni), che agli sconvolgimenti, basti pensare a quel che è successo a Balenciaga. Ma forse la modernità sta proprio nella contraddizione che inevitabilmente oltre allo sdegno produce curiosità mediatica e di conseguenza business. Facile intuire dunque che la Moda, per come la conosciamo oggi, non può scindere dallo spettacolo che la presuppone. Valentino Spettacolizzare è diventata la nostra più efficace forma di comunicazione. L’immagine straordinaria cattura l’attenzione rendendo tutto straordinario, pur se la cosa è mediocre. Quindi ricompare il corpo nudo, come memoria del classico dei classici, simbolo preistorico di inizio. Valore inconfutabile, vero abito da ridefinire. JPG Couture by Ludovic de Saint Sernin Pare questa l’intenzione di chi è più abile a svestire che vestire come accade sulla passerella di Jean Paul Gaultier Couture by Ludovic de Saint Sernin. JPG Couture by Ludovic de Saint Sernin Esercizi di stile, a volte di ricerca che vedono un consumer collezionista annoiato e spesso inesperto, molto più attento allo status che alla qualità. Un tempo era la qualità che creava lo status, per possibilità e ricercatezza legate alla cultura, ora si risolve tutto col denaro. E dunque se il riferimento per la nuova moda dev’essere un diverso stile di vita, date le diverse esigenze, allora l’attesa sarà lunga, poiché non è probabilmente con un diverso modo di vestire che ci identificheremo. Da tempo ormai la chirurgia estetica ha risolto in modo più radicale il problema di adeguamento a nuovi canoni e sempre di più le soluzioni saranno medicali e genetiche. La velocizzazione, dovuta all’intelligenza artificiale generativa, focalizzerà probabilmente nuovi percorsi estetici di cui forse l’abito sarà protagonista. Al momento il re è nudo. Alessandro Turci speaking Keane West and Bianca Censori at Grammy Awards 2025