Alcune riflessioni di Alessandro Turci dopo le presentazioni delle collezioni autunno/inverno 2021

A seguito delle presentazioni di alta moda autunno/inverno 2021-22, un pensiero ed alcune domande sorgono spontanee. Perché? E soprattutto cosa stiamo vedendo?

Jean Paul Gaultier by Sacai


Una prima risposta ci viene data da una delle ultime interviste a Yves Saint Laurent nel suo atelier parigino durante l’allestimento di una delle sue collezioni di haute couture. Sorpreso dalle strampalate proposte dei colleghi stilisti YSL chiedeva al suo intervistatore se le collezioni in passerella avrebbero poi effettivamente avuto riscontro di vendita. “No, per lo più sono fatte per promozione del brand, per comunicazione ed immagine”…stupito e un po’ stranito replicava…”io non potrei creare qualcosa che non venga indossato! Non me lo posso permettere!”

Charles de Valmorin


Una mentalità ormai quasi perduta, desueta, lontana dallo spettacolarismo intellettualoide dei “giovani” creatori.
Ricordiamo allora cosa vuol dire couture, il lavoro di atelier fatto sul corpo, manuale, ad personam, una ricerca di lavorazioni, dettagli, eccellenze, rarità dedicate ad un’élite di acquirenti assai esigenti.
Ecco perché spesso le strade con un prêt-à-porter di alto profilo si intersecano, si compenetrano.

Pyer Moss

Il problema di fondo, come sempre, non sta nella forma ma nel senso, come già enunciava Paul Klee nel suo manifesto artistico.
Se la couture è un diverso modo di costruire il capo, che necessariamente si nutre di tempo e lavoro accurato, di una profusione di energie a vari livelli senza riserve, allora qui sta la ricerca, nella sapiente competenza che guarda al futuro non per la stranezza ma per la personale visione.

Pyer Moss

L’occhio vede quel che sa e quindi, per vedere di più occorre sapere di più.
Il basso livello di conoscenza dimostrato dalle collezioni ci parla di manierismo, barocchismo, compiacimento, non di rinnovamento.

Pyer Moss

Ci parla di forme ma non di contenuti.

Significante, significato, referente, il triangolo dialettico di Saussure viene mistificato.
L’immagine basta a se stessa, il simbolo non è più legato ad una realtà da rappresentare nè potremmo dire ad un’esigenza da soddisfare.
Il cliente non cerca la cultura ma l’effetto, a riprova della ancora assoluta validità del pensiero premonitore di Guy Debord.

Pyer Moss

Che senso ha dunque la couture senza il cliente da vestire?

Se quello stesso cliente non ha più competenza nè discernimento ma confonde l’effetto con la costruzione, il significante col significato, il simbolo con l’immagine?

Alessandro Turci